Il gruppo fotografico Buona Luce

Il gruppo fotografico Buona Luce è un progetto artistico e culturale nato come progetto occupazionale voluto dal CIRP per persone con disabilita e caregiver interessati ad approfondire temi e competenze in ambito fotografico.

L’idea è stata quella di creare un vero e proprio gruppo fotografico in cui persone con disabilità e caregiver potessero acquisire nuove competenze, esprimersi attraverso la fotografia e riacquistare la propria dimensione sociale.

È ormai noto come la cultura e l’arte siano un veicolo di inclusione sociale. Per la loro capacità di essere, spesso, uno stimolo di confronto con gli altri, possono essere ottimi strumenti da utilizzare per lavorare sulle abilità, soprattutto relazionali, delle persone con disabilità.

Punto centrale del progetto è stato creare un gruppo che si fonda sulla condivisione di una passione e non solo sull’esperienza della malattia: un hobby che fa sentire i partecipanti persone che fanno parte di una comunità e che con il loro contributo possono essere cittadini attivi. Il gruppo, infatti, realizza i propri progetti artistici anche collaborando con istituzioni ed enti del territorio per sensibilizzare i cittadini sul tema della disabilità coognitiva acquisita.

La scelta di utilizzare come filo conduttore la fotografia è data dal fatto che le immagini sono un mezzo di comunicazione molto efficace per le persone con difficoltà di linguaggio perché permettono di comunicare situazioni, stati e sentimenti che potrebbero essere complessi da esprimere a parole e creare fraintendimenti in chi ascolta provocando imbarazzo e ansia sociale. In particolare, per tutta la durata del progetto verrà sviluppata la metodologia del Photovoice (Wang, 2005; Wang & Burris, 1994) un metodo di indagine che unisce la fotografia all’azione partecipata. Attraverso questa metodologia la persona viene stimolata a una riflessione attiva in merito al sé e al contesto in cui vive facendogli quindi acquisire maggiore consapevolezza sia come individuo sia in relazione agli altri. Come sottolineato dalla Wang, la prima ad utilizzare questa tecnica (1999): “Non siamo interessati alla bellezza delle immagini, ma al loro potere di rappresentare ciò che chi le scatta non riesce altrimenti ad esprimere”.

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